All’attenzione del senato accademico.
Al magnifico Rettore
oggetto: avvio delle procedure per la nomina dei membri interni ed esterni C.D.A
Vista la convocazione per la prima seduta del Senato Accademico, in
data 14/12/2012, il laboratorio politico Ateneo Controverso ritiene
necessario esprimere un proprio parere, frutto di un percorso
assembleare svoltosi all’interno delle vecchie facoltà, come contributo
alla discussione, riguardo l’avvio delle procedure per la nomina dei
membri che comporranno il Consiglio d’Amministrazione.
Nel corso dell’ultimo anno abbiamo assistito ad un processo di
riforma dello statuto dell’università del tutto autoritario e asettico
rispetto alle istanze provenienti dal basso di cui il laboratorio
politico Ateneo Controverso si è fatto carico.
Nel periodo intercorso tra il mese di Dicembre e la chiusura dei
lavori della commissione statuto abbiamo chiesto in due occasioni di
poter prendere parte alla discussione riguardo al riassetto dell’Ateneo e
dei suoi organi a seguito della riforma Gelmini ( legge n°240/ 2010)
ma nonostante ciò non sono state prese in considerazione nè la domanda
di audizione presso la commissione, né i contenuti frutto di un percorso
assembleare. La nostra denuncia si fonda sul dissenso prodotto dalla
cristallizzazione dei poteri e della modalità di gestione autoritaria
dell’universitaria.
Fra le varie critiche poste rispetto alle modifiche dello statuto,
rientra quella inerente le modalità di selezione e quindi la
composizione del C.D.A.
In seguito alla riscrittura dello statuto emerge il fatto che i
soggetti interni all’università così come i due membri esterni debbano
essere nominati dal rettore su proposta del senato, a seguito della
promulgazione di un bando attraverso cui far pervenire curricula che
attestino comprovate competenze di gestione amministrativa e
manageriale dei singoli candidati .
Esprimiamo, così come abbiamo fatto nel corso dell’ultimo anno, il
nostro dissenso rispetto alla sopra citata modalità di selezione in
quanto espressione di una concezione aziendalistica e autoritaria
dell’università. Siamo convinti del fatto che la governabilità
dell’Ateneo non debba essere frutto di maggioranze precostituite dalla
nomina esclusiva del rettore ma di un processo dialettico che può
essere garantito solo dal bilanciamento dei poteri, principio su cui si
costituisce qualunque regime democratico. Seguendo questa modalità,
emergono una serie di contraddizioni politiche: se il rettore uscente
nominasse in modo del tutto arbitrario i membri che comporranno la
maggioranza in seno al consiglio di amministrazione, con l’elezione del
nuovo rettore , questi avrà un CDA espressione del mandato precedente
con tutte le problematiche che ne conseguono.
Al di là delle contraddizioni, siamo fermamente convinti che le
componenti all’interno degli organi collegiali non possano essere figlie
di una gestione autoritaria e di interesse dell’università ma debbano
essere diretta espressione di una consultazione elettorale. In virtù di
ciò abbiamo da addurre il contributo interpretativo della legge n° 240
datoci dalle sentenze di alcuni TAR tra cui quello ligure secondo cui
la nomina può avvenire successivamente a consultazione elettorale e non
per forza su base nominale del rettore o di altri organi interni
all’Ateneo. Procedendo per questa strada ci si tutela da quello che
potrebbe essere un vulnus democratico, ovvero il disquilibrio tra i
poteri. Se si attribuissero ulteriori poteri decisionali ad un soggetto(
il rettore) che già gode di un peso politico ampio, si finirebbe per
infrangere l’equilibrio dinamico insito tra le varie competenze interne
all’Università della Calabria con un conseguente slittamento che
ufficializzerebbe il passaggio da una politica democratica ad una
politica di tipo autoritario.
Inoltre se il C.D.A. dovesse comporsi secondo le modalità imposte dal
rettore e accettate supinamente dalla commissione statuto e dal vecchio
Senato Accademico si andrebbe a svilire il senso stesso degli organi
collegiali in quanto di collegiale non avrebbero più nulla poiché
espressione diretta della volontà di un singolo che potrebbe quindi
tranquillamente imporre il proprio volere senza dover rispondere ad
alcuno del suo operato e delle logiche che lo hanno prodotto.
L’elegibilità perciò diviene una necessità a tutela della democrazia
nonché un pretesto per costruire una dinamica di partecipazione attiva
della popolazione accademica rispetto alle scelte politiche
dell’università. Restituire dignità agli organi collegiali in quanto
tali diviene una responsabilità storica a cui non possiamo sottrarci.
Ripensare il ruolo dell’università significa anche trasformarla in un
laboratorio in cui poter praticare nuove forme di democrazia e di fare
politica attraverso processi virtuosi volti a garantire la
partecipazione dal basso alle decisioni che l’università dovrà assumere
da qui ai prossimi anni.
ATENEO CONTROVERSO
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