mercoledì 12 dicembre 2012

Partecipazione e democrazia: NO NOMINA DEL CDA!!!


All’attenzione del senato accademico.
Al  magnifico Rettore

oggetto: avvio delle procedure per la nomina dei membri interni ed esterni C.D.A

Vista la convocazione per la prima seduta del Senato Accademico, in data 14/12/2012, il laboratorio politico Ateneo Controverso ritiene necessario esprimere un proprio parere, frutto di un percorso assembleare svoltosi all’interno delle vecchie facoltà, come contributo alla discussione, riguardo l’avvio delle procedure per la nomina dei membri che comporranno il Consiglio d’Amministrazione.
Nel corso dell’ultimo anno abbiamo assistito ad un processo di riforma dello statuto dell’università del tutto autoritario e asettico rispetto alle istanze provenienti dal basso di cui il laboratorio politico  Ateneo Controverso si è fatto carico.
Nel periodo intercorso tra il mese di Dicembre e la chiusura dei lavori della commissione statuto abbiamo chiesto in due occasioni di poter prendere parte alla discussione riguardo al riassetto dell’Ateneo e dei suoi organi  a seguito della riforma Gelmini ( legge  n°240/ 2010)  ma nonostante ciò non sono state prese in considerazione nè la domanda di audizione presso la commissione, né i contenuti frutto di un percorso assembleare.  La nostra denuncia si fonda  sul dissenso prodotto dalla cristallizzazione dei poteri e della modalità di gestione autoritaria dell’universitaria.
Fra le varie critiche poste rispetto alle modifiche dello statuto, rientra quella inerente le modalità di selezione e quindi la composizione del C.D.A.
In seguito alla riscrittura dello statuto emerge il fatto che i soggetti interni all’università così come i due membri esterni debbano essere nominati dal rettore su proposta del senato, a seguito della promulgazione di un bando attraverso cui far pervenire curricula  che attestino comprovate  competenze di gestione  amministrativa e manageriale dei singoli candidati .
Esprimiamo, così come abbiamo fatto nel corso dell’ultimo anno,  il nostro dissenso rispetto alla sopra citata modalità di selezione  in quanto espressione di una concezione aziendalistica  e autoritaria dell’università. Siamo convinti del fatto che la governabilità dell’Ateneo non debba essere frutto  di maggioranze precostituite dalla nomina  esclusiva del rettore ma di un processo dialettico che può essere garantito solo dal bilanciamento dei poteri,  principio su cui si costituisce qualunque regime democratico.  Seguendo questa modalità,  emergono una serie di contraddizioni politiche: se il rettore uscente nominasse in modo del tutto arbitrario i membri che comporranno la maggioranza in seno al consiglio di amministrazione, con l’elezione  del nuovo rettore  , questi avrà un CDA espressione del mandato precedente con tutte le problematiche che ne conseguono.
Al di là delle contraddizioni, siamo fermamente convinti che le componenti all’interno degli organi collegiali non possano essere figlie di una gestione autoritaria e di interesse dell’università ma debbano essere diretta  espressione di una consultazione elettorale. In virtù di ciò abbiamo da addurre  il contributo interpretativo della legge n° 240 datoci dalle sentenze di alcuni TAR tra cui quello ligure secondo cui  la nomina  può avvenire successivamente a consultazione elettorale e non per forza su base nominale del rettore o di altri organi  interni all’Ateneo.  Procedendo per questa strada ci si tutela da quello che potrebbe essere un vulnus democratico, ovvero il disquilibrio tra  i poteri. Se si attribuissero ulteriori poteri decisionali ad un soggetto( il rettore) che già gode di un peso politico ampio, si finirebbe per infrangere  l’equilibrio dinamico insito tra le varie competenze interne all’Università della Calabria  con  un conseguente slittamento che ufficializzerebbe  il passaggio da una politica democratica ad una politica di tipo autoritario. 
Inoltre se il C.D.A. dovesse comporsi secondo le modalità imposte dal rettore e accettate supinamente dalla commissione statuto e dal vecchio Senato Accademico si andrebbe a svilire il senso stesso degli organi collegiali in quanto di collegiale non avrebbero più nulla poiché espressione diretta della volontà di un singolo che potrebbe quindi tranquillamente imporre il proprio volere  senza dover  rispondere ad alcuno del suo operato e delle logiche che lo hanno prodotto. L’elegibilità perciò diviene  una necessità a tutela della democrazia nonché un pretesto per costruire una dinamica di partecipazione attiva della popolazione accademica rispetto alle scelte politiche dell’università.  Restituire dignità agli organi collegiali in quanto tali diviene una responsabilità storica a cui non possiamo sottrarci. Ripensare il ruolo dell’università significa anche trasformarla in un laboratorio in cui poter praticare nuove forme di democrazia e di fare politica attraverso processi virtuosi volti a garantire la partecipazione dal basso alle decisioni che l’università dovrà assumere da qui ai prossimi anni.


ATENEO CONTROVERSO

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