All’indomani dei
tagli della legge 133 e dell’approvazione della legge 240/2010, il movimento
studentesco, che aveva denunciato e tentato di contrastare il processo di
distruzione e privatizzazione dell’università pubblica e della sua funzione
sociale, si è piegato su se stesso atomizzato e frammentato, quindi incapace di
porsi in contrasto rispetto al protrarsi di una serie di politiche e di
provvedimenti che hanno distrutto il
sistema e il senso dell’università pubblica. In generale non è stato in grado
di opporsi a tutto un sistema di macelleria sociale e di taglio ai diritti, in
favore della tutela dei privilegi e degli equilibri economici internazionali.
Sul tavolo della discussione oggi ci troviamo ad affrontare provvedimenti attuativi e decreti ministeriali che già nel 2010 si diceva potessero
rappresentare il reale problema dell’università post riforma Gelmini. Infatti ai
continui tagli portati avanti a discapito dell’università e della ricerca
pubblica si affiancano gli ultimi provvedimenti del governo Monti e del
ministro Profumo. Il D.M. 47, più noto come decreto A.V.A., si propone di fatto l’obbiettivo di utilizzare
la valutazione e l’accreditamento di corsi di studio e sedi d’ateneo come
strumento punitivo prevedendo, tramite dei criteri estremamente restrittivi,
l’apertura o la conseguente trasformazione di interi corsi di studio a numero
chiuso, così come l’accorpamento di atenei, minando quindi la qualità
dell’offerta formativa del percorso di studi di ogni studente, già
dequalificato dai provvedimenti antecedenti. Il decreto AVA rappresenta l’attuazione della logica
competitiva fra gli atenei (nonostante nessuno di questi sia realmente dotato
di tutti gli strumenti e requisiti necessari a causa dei tagli, del blocco del
turn-over, del taglio agli insegnamenti etc.), costituendo in modo evidente la
formazione di atenei di serie A e B. In aggiunta a questo un ulteriore provvedimento,
firmato Profumo a cavallo delle elezioni politiche, noto ai più come decreto
sui Livelli Essenziali delle Prestazioni si propone di attuare un taglio del
92% dei finanziamenti per il diritto allo studio. Un taglio di queste
proporzioni è la dimostrazione di una chiara volontà politica: distruggere la
possibilità di accedere ai percorsi formativi e rendere l’università un luogo
ad esclusivo appannaggio di chi può permettersela, incentivando forme di neo
indebitamento come il prestito d’onore. La logica è coerente, tagliare i
diritti e perpetrare la speculazione finanziaria e i potentati economici.
L’assenza di
democrazia e trasparenza nei processi decisionali, la vittoria delle logiche di
mercato, il trionfo delle verità tecniche che hanno caratterizzato questi
ultimi anni la politica nazionale sono stati riprodotti fedelmente qui all’
UniCal. Già a partire dallo statuto e dal regolamento generale d’ateneo, dai
loro contenuti per nulla condivisi e dal metodo di scrittura blindato
all’interno delle stanze del potere, oggi si gioca la bollente partita della
scrittura e approvazione dei regolamenti di dipartimento.
Nel processo di
“Dipartimentalizzazione” dell’università, invece di pensare all’offerta
formativa e alla conservazione o miglioramento della didattica e a come
aggirare gli effetti negativi della riforma Gelmini, si è pensato bene di fortificare
i vari baronati nei nuovi dipartimenti, stratificando vere e proprie strutture
di potere. Il processo di scrittura dei regolamenti dei nuovi dipartimenti è
esemplificativo di tutto quanto detto prima, in quanto, non solo non era
presente la componente studentesca
durante la riscrittura dei regolamenti, ma non c’è stata alcuna trasparenza dei
processi di discussione e riscrittura degli stessi. Il passaggio dalle già
consolidate Facoltà ai nuovi dipartimenti, secondo alcuni, sarebbe dovuto essere
“un processo trasparente”. La
trasparenza non era certo quella che intendiamo noi studenti, cioè partecipazione
attiva e confronto, bensì un processo del quale nessuno avrebbe dovuto sentire
l’evoluzione, le conseguenze e la stessa attuazione. Con questa assemblea d’Ateneo
vogliamo aprire un varco per uscire dal Medioevo che ha caratterizzato le
politiche dell’Unical negli ultimi due anni. E’ importante ricordare il fatto
che i luoghi della cultura, come l’università, devono per definizione essere
luoghi in cui la trasparenza, il confronto, la democrazia e la contaminazione
divengono prassi virtuosa di educazione all’agire sociale dell’individuo. Noi
come studenti, prima che componenti di un laboratorio politico, sentiamo la
necessità di parlare e di oltrepassare questa fase che vede come protagonista
la nostra università. Proprio per questo invitiamo tutta la comunità accademica
a costruire insieme questo momento di confronto e condivisione per il 29 Maggio 2013.
Ateneo
Controverso
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