Se le politiche adottate dai governi negli ultimi decenni hanno minato alla base l’intero sistema universitario italiano, la riforma Gelmini - assieme ai tagli operati in finanziaria – rischia di distruggere definitivamente il sistema dell’istruzione pubblica. Le numerose iniziative di protesta che si stanno svolgendo sul territorio nazionale ed il clima di incertezza che si respira negli atenei dimostrano come il momento sia decisivo per il futuro dell’università.
Viviamo quotidianamente e sulla nostra pelle le ricadute dei provvedimenti del governo. A causa dei continui tagli stiamo subendo l’ennesimo aumento delle tasse (343€, con un aumento di 70€ nel corso degli ultimi tre anni), la diminuzione dei servizi, l’inaccettabile inasprimento del numero chiuso e programmato (800 posti in meno messi a bando per le ammissioni 2010/2011), la diminuzione delle borse di studio e, soprattutto, la dequalificazione della didattica.
Il DDL Gelmini si propone di riformare l'università in maniera verticistica ed aziendale, riducendo gli spazi democratici degli atenei e permettendo la trasformazione delle università in fondazioni private. Mira a distruggere completamente il sistema di diritto allo studio, introducendo la squallida formula del prestito d'onore, trasformando sempre più l'università pubblica in un privilegio per pochi. Sul piano della ricerca - oltre alla drastica diminuzione dei fondi - il DDL blocca il reclutamento dei giovani ricercatori, abbandonandoli ad un futuro precario.
Negli ultimi anni, per far fronte ai continui tagli all’istruzione pubblica, i ricercatori hanno dovuto più volte farsi carico di lezioni e ore di didattica a titolo gratuito e volontario. Il loro status giuridico, infatti, non li obbliga a tenere lezioni, ma soltanto ad erogare "didattica integrativa", in modo che possano dedicarsi a tempo pieno all'attività di ricerca. Visto l'attacco sferrato dal DDL e la carenza di risorse economiche, i ricercatori in primavera hanno legittimamente dichiarato - come unico strumento di protesta a loro disposizione - l' indisponibilità a tenere corsi al di fuori degli obblighi di legge.
Male hanno fatto, allora, le facoltà ad approvare in primavera i manifesti degli studi e a dare inizio alle immatricolazioni pur sapendo che le risorse, umane ed economiche, per dare il via ai corsi non ci sarebbero state. Risorse che ancora oggi non ci sono. Infatti, le sei Facoltà dell’Unical non riescono a far partire regolarmente i propri anni accademici. Intanto è stato chiesto a tutti gli studenti di pagare la prima rata senza avere alcuna garanzia sulla copertura dei corsi e sulla qualità dell'offerta didattica.
Chiediamo, pertanto, che il pagamento della prima rata venga “temporaneamente sospeso” o quantomeno posticipato al 31 dicembre, in attesa che la situazione si stabilizzi.
Inoltre, proponiamo che si apra una discussione allargata con gli studenti al fine di costruire un fronte di lotta compatto, volto a bloccare seriamente e concretamente una riforma che non riteniamo emendabile e che deve essere rigettata nella sua totalità.
Il corpo accademico deve assumersi questa responsabilità nei confronti degli studenti, non avrebbe senso e non gioverebbe a nessuno garantire il regolare decorso dell’anno accademico in una situazione che precipita verso il baratro e che diventerebbe ancora più grave il prossimo anno.
Il dovere morale di tutti i soggetti universitari, oggi, è quello di difendere la natura pubblica dell'università, la qualità della stessa in termini di didattica e di ricerca, la funzione sociale dell’istruzione, il vero valore della conoscenza.
Costruiamo insieme un nuovo percorso di protesta nazionale partecipando alle prossime iniziative:
giovedì 7 ottobre - Assemblea Studentesca - Aula Filol8 ore 17:30
venerdì 8 ottobre - mobilitazione nazionale studentesca – Cosenza, piazza Loreto ore 9.00
sabato 16 ottobre – sciopero nazionale, manifestazione nazionale - Roma (adesioni e informazioni sugli autobus gratuiti presso la sede UDU-Controverso
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