Attraverso il nuovo DdL Gelmini, anticipato dalla nota ministeriale n.160/09, prosegue l'opera di distruzione del sistema universitario statale, in piena continuità con le misure varate negli ultimi vent’anni dai governi di centrodestra e di centrosinistra, alternatisi alla guida del Paese.
I tagli prodotti dalla legge 133/08 e i successivi provvedimenti adottati attraverso la legge 1/09 hanno fatto da prologo alle ultime manovre governative, con le quali si ridimensionano ulteriormente i fondi e si riforma la governance degli Atenei, stravolgendo la natura del sistema universitario pubblico.
Se la legge 133/08 prevedeva la facoltà, a carico degli Atenei in deficit di bilancio, di trasformarsi in fondazioni di diritto privato, la legge 1/09 ha inserito il concetto di “virtuosità”, elemento che determina, sulla base di criteri meramente economici, le modalità di ripartizione del fondo di finanziamento tra le Università statali. Questi provvedimenti governativi, quindi, attraverso una scriteriata politica di tagli e redistribuzione dei finanziamenti (a beneficio dei soli Atenei “virtuosi”), hanno spianato la strada ad un processo di diversificazione tra università di serie A e di serie B.
Il nuovo Disegno di Legge, affidandosi ad un criterio di discrezionalità non ben definito (sia per quanto riguarda le modalità di designazione dei componenti dei vari organi, sia per quanto riguarda i criteri di valutazione di merito degli Atenei) rischia di gettare nel caos finanziario le Università italiane e mettere definitivamente in crisi il concetto stesso di sistema universitario pubblico.
A riprova di ciò, tra i principi che regolamentano la nota 160 e il nuovo DdL c'è la restrizione della spesa pubblica in favore di una “competizione al meglio” tra Atenei. Questa competitività dovrebbe dipendere direttamente dalla capacità di autogoverno degli Atenei, in termini di efficienza amministrativa ed efficacia in fatto di formazione e ricerca.
In tutto questo si dimentica completamente il valore sociale delle stesse Università.
Tali politiche vanno inserite nell'ottica più ampia del completo smantellamento di stato sociale, servizi, infrastrutture, sanità, energia e beni comuni del Paese.
L'obiettivo reale che sta alla base di queste riforme è quello di “sgravare” lo stato dalla gestione finanziaria del sistema di formazione e di ricerca pubblico, consegnando le nostre università ai privati e ai loro capitali.
Questa manovra “lacrime e sangue”, propagandata dalla classe dirigente come soluzione inevitabile per far fronte alla crisi economica, sta di fatto incrementando la soglia di povertà e di precarietà, negando inoltre ad ampie fasce della popolazione anche il diritto allo studio.
A fronte del sacrificio delle classi sociali più deboli, si registra invece l'aumento dei finanziamenti statali a banchieri, imprese e scuole private.
Come al solito si privatizzano gli utili e si socializzano solo le perdite.
Noi ci opponiamo totalmente alla sottomissione dell'Università alle logiche economiche.
Mentre resta viva la discussione sui devastanti effetti dei tagli della legge 133/08 che – ci teniamo a precisarlo – non si sono ancora manifestati in tutta la loro brutalità, la suddetta opera di distruzione viene, in questo nuovo Disegno di Legge, perpetrata attraverso una serie di preoccupanti misure.
1. Riforma della governance universitaria in quattro punti:
- esautorazione del Senato Accademico, a fronte di un Consiglio di Amministrazione che di fatto detiene i poteri esecutivi, amministrativi, gestionali dell'Ateneo;
- ridimensionamento dell'organico del CdA (max 11 membri);
- introduzione di soggetti esterni all'Ateneo nel CdA (almeno il 40%);
- riorganizzazione strutturale, basata su organismi di coordinamento che andrebbero a sostituire le attuali Facoltà, le cui funzioni sarebbero completamente assorbite dai singoli dipartimenti.
2. Possibilità di fusione o federazione tra Atenei o enti operanti nel settore della ricerca e dell'alta formazione, la cui natura (pubblica o privata) non viene chiaramente definita.
3. Istituzione di un “Fondo speciale per il merito finalizzato a promuovere l'eccellenza e il merito fra gli studenti”, affidato alla società per azioni CONSAP ed alimentato da versamenti effettuati a “titolo spontaneo e solidale” da privati, società, enti e fondazioni, finalizzato alla concessione di buoni studio e prestiti d'onore.
Con questo meccanismo si introduce un nuovo concetto di diritto allo studio basato sulla “premialità”, valutata mediante la partecipazione ad un test nazionale standard, previo pagamento di una tassa di partecipazione e superamento della prova medesima; s’introduce altresì l'incentivazione del ricorso al prestito d'onore per il mantenimento del negato diritto allo studio, producendo l’aumento del fenomeno di indebitamento degli studenti in un già dissestato quadro di sistemica crisi economica e precarietà diffusa.
Noi pensiamo che l'Università abbia in primo luogo un forte valore sociale, che appartenga a chi vi lavora e la vive quotidianamente, non certamente a chi la intende semplicemente come occasione di profitto.
Non vogliamo che l'Università sia assoggettata a logiche di gestione aziendale, ci opponiamo all’idea che i privati possano decidere della nostra didattica e della nostra ricerca, rifiutiamo insomma che divenga ulteriormente schiava del sistema mercato.
Siamo consapevoli, la nostra sarà una lotta né breve né facile, ma sistematica e di lunga durata
L'università è un bene pubblico e tale deve rimanere in rispetto della sua funzione sociale: luogo e momento di crescita nonché di scambio, confronto e incontro della multiculturalità e dei saperi liberi.
Per tutte le motivazioni sopra esposte l'Assemblea di Ateneo dell’Unical dichiara lo stato di agitazione permanente e avanza le seguenti richieste:
1. che l'Università si dichiari ufficialmente contrario al DdL Gelmini, richiedendone il ritiro in blocco, respingendo altresì le indicazioni di adeguamento contenute nella nota ministeriale 160 del 4 settembre 2009, rigettandone l'impianto politico ed ideologico che ne sta alla base e qualsiasi altro futuro provvedimento teso ad accelerare il processo di perversa trasformazione in corso. È necessaria, piuttosto, una seria riforma dell’intero sistema universitario, anche in materia di contratti di ricerca, ripartendo da nuove basi e quindi rigettando in blocco le attuali leggi;
2. che i Consigli di Facoltà e il Senato Accademico si pronuncino e prendano una posizione chiara e precisa sulle leggi 133/08, 1/09, nota ministeriale 160/09 e nuovo DdL Gelmini.
Si richiede inoltre che tale posizione venga portata in seno alla CRUI;
3. che i Consigli di Facoltà non attuino la nota 160, evitando quindi di assecondare questa politica governativa e rimandando, di fatto, le responsabilità della stessa nota a chi l'ha concepita;
4. che si rigettino, in particolare, le attuali disposizioni in materia di assunzione del personale universitario, provvedendo alla stabilizzazione di tutti i lavoratori precari dell’Università;
5. che gli studenti e il personale universitario tutto aderiscano allo sciopero indetto per l'11 dicembre 2009 e alla contestuale manifestazione nazionale.
L’Assemblea di Ateneo, inoltre, si propone:
la costruzione di importanti momenti di sensibilizzazione e controinformazione, da realizzarsi sia all’interno dell’Ateneo che al di fuori del contesto universitario;
la creazione di momenti d’incontro con le altre realtà sociali di lotta del mondo del lavoro e del “non lavoro”;
conseguentemente la generalizzazione del conflitto e delle lotte sociali.
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